In questi giorni difficili, fino ad oggi, ho preferito ascoltare, impegnato a lavorare per mettere in sicurezza le mie attività e la mia azienda, poiché sono certo che quella attuale sarà, non solo un’importante emergenza sanitaria, ma anche e soprattutto una pesantissima crisi economica, che peserà sul sistema Paese e che metterà in ginocchio migliaia di Persone e Imprese.
In questi giorni abbiamo sentito più volte questa frase “ai nostri nonni chiesero di andare in guerra a noi chiedono di rimanere sul divano”, un’affermazione che riecheggia sui social e che evidenza quanto grande sia la differenza tra i sacrifici che siamo chiamati a fare oggi e quelli che invece dovettero vivere i nostri nonni.
Differenze palesi ed evidenti che però hanno un elemento in comune, un filo rosso che lega i sacrifici che oggi noi stiamo (o dovremmo) compiere e quelli che hanno compiuto i nostri nonni: la situazione economica post emergenza Covid-19. Le caratteristiche della crisi economica, del benessere delle famiglie e della situazione del mercato del lavoro ci indicano che vivremo una situazione più simile a un periodo post bellico che quello determinato da una crisi economica.
Il lavoro degli scienziati, del mondo della ricerca e del personale sanitario, medici, infermieri, operatori sanitari a cui rivolgo un caloroso e sentito grazie per l’immane e prezioso lavoro stanno facendo, è una straordinaria ed egregia risposta all’emergenza sanitaria che stiamo vivendo e la politica (a suo modo) cerca di trovare le risorse necessarie per contrastare il Covid-19.
I provvedimenti presi fino ad oggi servono esclusivamente a rispondere alle esigenze ed emergenze immediate: allargamento degli ammortizzatori sociali, supporto alle famiglie che devono farsi carico della custodia dei figli avendo chiuso tutte le scuole di ogni ordine e grado, sostegno finanziario alle imprese e alle persone. Misure che però saranno inefficaci se la crisi dovesse perdurare ancora a lungo; ricordo che il 31 gennaio 2020, in gazzetta ufficiale si dichiara lo stato di emergenza sanitaria per una durata di 6 mesi.
Ecco quindi che una domanda sorge spontanea: Come usciremo da questa nuova “guerra”?
Deve essere istituito, al fianco dell’unità di gestione crisi già esistente, un “gabinetto” per la ripresa della crescita economica e sociale con il ritorno alla normalità.
Ritengo corrette le affermazioni di quei politici, come detto dallo stesso Primo Ministro Conte, dire che siamo in “guerra” e pertanto credo che, proprio perché in “guerra”, il parlamento debba essere convocato permanentemente e che debba essere istituito, al fianco dell’unità di gestione crisi già esistente, un “gabinetto” per la ripresa della crescita economica e sociale con il ritorno alla normalità. Questo “gabinetto”, in accordo con l’Europa, dovrà programmare e individuare tutte le misure necessarie per riaccendere lo sviluppo economico e sociale di un Paese, ad oggi praticamente fermo.
È prioritario che il governo si occupi degli strumenti e delle risorse necessarie per affrontare la situazione “post Covid-19”, quelle macerie lasciate da questa moderna “guerra”, e iniziare la fase di rilancio e ricostruzione, partendo dal quel tessuto economico ancora in vita quando riapriranno i luoghi di lavoro.
A seguito mi permetto di indicare alcune azioni che reputo utili a individuare il “come”
Valorizzare i corpi intermedi e le associazioni di categoria quali gestori e garanti del buon fine dell’utilizzo dei fondi comunitari per le imprese e la creazione di imprese.
- Serve rimettere in moto le attività produttive, gli stakeholder e le filiere coinvolte, oltre che avviare un grande piano di opere pubbliche.
- Introdurre un temporaneo reddito di cittadinanza, per supportare chi deve rimettere in modo le proprie attività o per chi deve attivarsi nel mercato del lavoro.
- Attivare una vera digitalizzazione dell’economia, così da avere un Paese 4.0 con una PA capace di assicurare la gestione dei processi e la tutela del territorio e dei servizi di prevenzione.
- Sburocratizzare l’apertura di nuove imprese, così da permettere a chi vuol ripartire di iniziare immediatamente a lavorare.
- Riformare il codice degli appalti per evitare ritardi, che questo periodo di emergenza rischia di causare, negli interventi urgenti.
- Finanziare strumenti veloci di sostegno capaci di garantire liquidità alle imprese come ad esempio il credito d’imposta (strumento automatico) e i fondi di garanzia (capaci di mettere a disposizione liquidità in modo rapido), puntando sui CoFidi per sostenere nel migliore dei modi il sistema delle PMI, che sono oltre il 90% del tessuto economico del Paese.
- Valorizzare le realtà capaci di erogare servizi formativi, per il lavoro e del terzo settore per il supporto a persone e famiglie nel percorso di politica attiva del lavoro.
- Valorizzare i corpi intermedi e le associazioni di categoria quali gestori e garanti del buon fine dell’utilizzo dei fondi comunitari per le imprese e la creazione di imprese.
Per fare fronte all’emergenza necessaria a rilanciare le politiche per il lavoro e lo sviluppo servono risorse finanziarie immediate ed è possibile e necessario utilizzare da subito, queste risorse possono essere prese da tutti i fondi europei “non impegnati e non spesi”, rimuovendo tutti quei vincoli che oggi non permettono di dare contributi alle imprese finalizzati agli investimenti su capitale fisso e su capitale umano.
l’Europa che deve scegliere se essere un’opportunità per il rilancio dell’unità Europea o causa di un declino collettivo.
È necessario e senz’altro indispensabile un confronto con l’Europa che deve scegliere se essere un’opportunità per il rilancio dell’unità Europea o causa di un declino collettivo. Il lancio di Eurobond per sostenere la ripresa post quarantena ritengo sia un segnale fondamentale per aprire una nuova stagione di integrazione tra Paesi membri e per uno sviluppo realmente sostenibile, non solo da un punto di vista ambientale, ma anche e soprattutto da un punto di vista sociale ed economico.