
Il lavoro non può più fondarsi sul vecchio principio capitalistico del “mors tua, vita mea”.
Non è più tempo di logiche di contrapposizione: né padrone contro dipendente, né venditore contro acquirente, né impresa contro impresa.
Oggi società, persone e mercati chiedono un modello diverso: un business che generi guadagno garantendo al tempo stesso lavoro dignitoso, e che permetta all’altro — cliente, partner o concorrente — di prosperare con la stessa dignità.
Il lavoro non è più una trincea. Non è il luogo dove due forze si misurano per prevalere. È diventato il terreno in cui si sperimenta la capacità di costruire alleanze.
Non più ruoli che si affrontano, ma persone che scelgono di generare valore insieme.
Funziona così perché il paradigma moderno spinge verso la co-creazione: chi acquista contribuisce al progetto, lo corregge, lo migliora. Non è più cliente passivo, ma parte del processo. E lo stesso vale per i concorrenti: ciò che ieri era competizione frontale, oggi può diventare alleanza strategica. Due imprese rivali possono unire forze per sviluppare mercati più grandi, per esplorare territori lontani, per creare standard condivisi.
La vecchia contrapposizione cade: contro l’ego-centrico che erige muri di separazione, l’eco-centrico costruisce ponti collaborativi.
Dal conflitto alla corresponsabilità
Per secoli la narrazione è stata quella del conflitto: capitale contro lavoro, venditore contro acquirente, impresa contro impresa. Ma l’interdipendenza che segna questa epoca rende sterile ogni scontro frontale.
Lo scontro si nutre di una mentalità a somma zero: credere che per uno che guadagna, un altro debba per forza perdere. Questo approccio produce sospetto, chiusura, riduce la propensione alla collaborazione anche quando cooperare porterebbe benefici reciproci.
Quando l’obiettivo è soltanto vincere l’altro, si perde la spinta alla qualità autentica: non si cerca l’eccellenza, ma il massimo risultato con il minimo sforzo. È un modo arido di fare impresa, che annichilisce il pensiero trasversale, soffoca la propensione al rischio e inibisce l’innovazione.
In più, la logica dello scontro chiude la visione: impedisce di vedere alternative, di cogliere sinergie, di immaginare nuove angolazioni.
È per questo che molte realtà evolute scelgono la via della coopetizione: collaborare con un competitor su ricerca, tecnologia o mercati, pur continuando a sfidarsi altrove. Non “io contro te”, ma “io e te insieme” contro la complessità del mondo.
Ed è così che l’impresa diventa organismo comunitario: non un’arena di scontro, ma uno spazio dove ciascuno contribuisce a creare valore condiviso.
Cuore e testa: Olivetti e Marchionne
Olivetti lo aveva intuito: la fabbrica non come macchina di produzione, ma come casa dell’uomo. Un luogo dove dignità, bellezza e comunità erano parte integrante del processo produttivo. Non un accessorio, ma il cuore stesso della creazione di valore.
Marchionne, percepito da molti come l’uomo del dovere, della concretezza, del rigore — quasi l’opposto del sognatore che il mondo riconosce in Olivetti — con la lucidità della testa aveva compreso, anche lui, che il futuro non poteva restare un eterno “contro”.
Alla guida di FCA ribadì più volte la necessità di condividere piattaforme e tecnologie tra marchi, di cercare alleanze con altri gruppi automobilistici, di aprirsi a partner esterni per integrare competenze che l’azienda non possedeva.
Era il riconoscimento che la logica dell’homo ego-centrico — chiuso, autosufficiente, competitivo fino all’autodistruzione — non era più sostenibile.
Marchionne sapeva che solo passando dal “contro” all’“insieme” sarebbe stato possibile affrontare la complessità.
Non è solo il linguaggio del sogno, ma anche quello della concretezza: la stessa concretezza che segna la transizione verso il modello dell’homo eco-centrico.
L’alleanza come leva evolutiva
Il lavoro del futuro non sarà fatto di ordini calati dall’alto, ma di co-design e corresponsabilità.
Non bastano slogan o visioni astratte: servono strumenti pratici. Processi decisionali condivisi, metriche trasparenti, riconoscimento che diventa corresponsabilità.
Ma attenzione: co-design e corresponsabilizzazione non significano assenza di leadership. Al contrario, richiedono un tipo di guida più alta: capace di tracciare rotte, di dare cornici robuste entro cui le persone possano esprimersi liberamente, e di essere esempio vivo nelle azioni quotidiane.
La ricerca conferma che la leadership partecipativa — dove i collaboratori sono coinvolti nelle decisioni pur dentro una guida chiara — aumenta motivazione, impegno e soddisfazione. La leadership distribuita arricchisce le performance perché valorizza i contributi di ciascuno, senza dissolvere l’unità.
Il leader non abdica: mantiene la visione, assegna ruoli chiari, struttura spazi di autonomia e responsabilità. È proprio la chiarezza della direzione che permette di chiedere ai collaboratori di esprimersi pienamente. La libertà individuale fiorisce solo quando c’è un orizzonte comune che la regge.
E questo non significa abolire regole o gerarchie: significa dare a ciascuno la possibilità di portare un pezzo di responsabilità dentro una cornice solida. Troppa orizzontalità senza regole porta al caos; ma alleanza non è anarchia, è fiducia governata.
Quando impresa e persone si riconoscono come parte di uno stesso ecosistema — insieme a clienti e persino competitor — la produttività non cala, si rafforza. L’alleanza non è buonismo: è la leva evolutiva che permette a un’impresa di restare viva nel tempo.
– Il lavoro non è contrapposizione, è alleanza.
– Anche venditore/acquirente e competitor possono diventare alleati.
– Lo scontro frontale è sterile: riduce la visione, uccide l’innovazione.
– Olivetti è il cuore, Marchionne la testa.
– La corresponsabilità è la nuova forma di libertà.
Il futuro del lavoro non sarà di chi accumula forza o capitale, ma di chi saprà costruire e custodire alleanze autentiche. Sarà il tempo di chi traccia regole chiare senza soffocare la libertà, di chi sa far vivere comunità capaci di generare valore condiviso.
Perché un’impresa non è una macchina: è un organismo vivente. Respira, cresce, si trasforma insieme alle persone che la abitano.
E in un’epoca segnata dal passaggio dall’homo ego-centrico all’homo eco-centrico, la vera libertà prende il nome di corresponsabilità: ognuno porta un pezzo, tutti insieme costruiscono il futuro.
