
Viviamo in un’epoca segnata da paradossi evidenti. Da un lato cresce l’emergenza abitativa, con oltre 250.000 case che mancano all’appello e milioni di persone che faticano a trovare un alloggio accessibile e dignitoso.
Dall’altro lato, il settore delle costruzioni, che dovrebbe essere la risposta concreta a questa domanda sociale ed economica, vive una crisi profonda: nel 2024 gli investimenti nell’edilizia caleranno del 6,1%, secondo i dati riportati da Il Sole 24 Ore e confermati dall’ANCE.
Il crollo della riqualificazione edilizia, aggravato dalla fine dei bonus straordinari, porta il settore a una frenata senza precedenti.
Questa fotografia, impietosa ma reale, ci obbliga a interrogarci: come può un Paese moderno trovarsi contemporaneamente senza case e senza cantieri?
Come è possibile che un settore così strategico per il benessere sociale e lo sviluppo economico venga lasciato privo di visione e di strumenti stabili?
Il Piano Casa di ANCE: una prima risposta, ma non basta
L’ANCE ha il merito di aver posto il tema all’attenzione del Paese e di aver costruito una proposta articolata, il cosiddetto “Piano Casa”. Le direttrici individuate sono corrette: semplificazione urbanistica, stabilità fiscale, attivazione della finanza privata attraverso partenariati pubblico-privati.
Ma possiamo davvero fermarci qui? Personalmente credo di no.
Perché questi strumenti, pur fondamentali, rischiano di essere soltanto un rimedio tecnico a una crisi che è prima di tutto culturale e sociale. La casa non è solo un contenitore edilizio. È il cuore di una comunità, il luogo in cui si costruiscono le relazioni umane, dove si sperimenta la sicurezza, il benessere e la possibilità di generare il proprio futuro.
Una visione puramente economica, per quanto necessaria, non basta a colmare il vuoto di senso che si è creato negli ultimi decenni, in cui l’edilizia è stata spesso ridotta a mera speculazione finanziaria o a risposta emergenziale.
La mia visione: un abitare eco-centrico e comunitario
Ne ho parlato più volte nel mio blog: dobbiamo superare il modello dell’edilizia monofunzionale, isolata dal contesto e scollegata dalle vere esigenze delle persone.
Serve un nuovo patto tra ambiente, città e abitare.
Nell’articolo sulla “Casa del Futuro”, ho descritto un modello abitativo fatto di spazi reversibili e multifunzionali, progettati per adattarsi nel tempo alle diverse fasi della vita e ai mutamenti sociali.
Ho immaginato edifici che diventano ecosistemi vivi: verticalità verde, tetti giardino, facciate attive che producono energia e migliorano il microclima urbano.
Nella riflessione su “Rigenerazione urbana: equilibrio tra ambiente e persone”, ho proposto una visione della città come organismo dinamico, capace di rigenerarsi senza espandersi, riqualificando l’esistente, ricucendo periferie e centri storici, mettendo in connessione generazioni e culture diverse.
E ancora, nell’articolo sulla “Verticalità e verde”, ho sottolineato la necessità di integrare natura e architettura, rompendo il paradigma della separazione tra costruito e paesaggio.
Queste idee non sono utopie da architetti e progettisti visionari: sono necessità concrete.
Il cambiamento climatico, la crisi demografica e la crescente fragilità sociale rendono urgente ripensare la casa e la città come habitat sostenibili e inclusivi.
Oggi più che mai: casa e lavoro, ambiente e comunità
Il problema abitativo non è solo un fatto tecnico o di mercato, ma profondamente umano. La casa è il primo luogo dove si sperimenta la dignità personale. Senza casa non c’è inclusione sociale, non c’è lavoro stabile, non c’è crescita personale.
Ma attenzione: la casa di domani non potrà essere una replica di quella di ieri.
Servono abitazioni che consumino meno suolo e meno energia, che siano economicamente accessibili ma anche socialmente inclusive: progettate per essere vissute in modo condiviso, favorendo relazioni di vicinato, spazi comuni, reti di supporto reciproco.
Non bastano più i bonus fiscali per rifare i cappotti termici.
Serve un patto sociale per l’abitare, dove pubblico e privato collaborano non solo per realizzare edifici, ma per costruire comunità resilienti e inclusive.
Le proposte per una nuova edilizia
Raccogliendo lo stimolo di ANCE, ma andando oltre, propongo alcune direttrici di sviluppo per trasformare la crisi in opportunità:
1. Semplificazione con visione: meno burocrazia, più qualità
La semplificazione non può tradursi in deregulation selvaggia. Serve una pianificazione che premi i progetti di qualità, rispettosi dell’ambiente e generatori di valore sociale.
2. Bonus stabili e selettivi: premiare chi innova davvero
Il sistema dei bonus edilizi va reso strutturale ma selettivo: maggiori incentivi per chi integra energie rinnovabili, materiali sostenibili e modelli abitativi evoluti.
3. Finanza di impatto: PPP, fondi immobiliari etici e social housing
La finanza deve diventare alleata dello sviluppo sociale: fondi pubblici e privati devono investire in progetti che generano ritorni ambientali e sociali, oltre che economici.
4. Un nuovo modello urbanistico: città ecosistema
Superare il modello della città espansa e monofunzionale, per passare a quartieri rigenerati, densi ma vivibili, verticali ma verdi, multifunzionali e aperti alla vita comunitaria.
5. Edilizia circolare e locale
Promuovere filiere edilizie locali, che riducano l’impatto ambientale dei trasporti e favoriscano l’economia di prossimità, utilizzando materiali riciclati e bio-based.
Costruiamo case, ma soprattutto futuro
La crisi del settore edilizio e la mancanza di case non sono due crisi separate: sono due facce della stessa medaglia. Serve un cambio di paradigma che tenga insieme economia e società, mercato e ambiente.
ANCE, con il suo Piano Casa, offre una base concreta. Ma occorre fare un passo in più: trasformare il costruire da atto tecnico a progetto sociale e culturale.
Solo così usciremo dalla crisi non con qualche edificio in più, ma con una società più forte, più equa e più sostenibile.
Perché, come ho scritto più volte, l’impresa edilizia del futuro non è solo chi realizza muri, ma chi costruisce legami, ambienti di vita e opportunità per le persone e per il pianeta.
Proposte concrete per una politica dell’abitare eco-centrico
Questa è la mia idea di edilizia: un settore che genera valore condiviso, che cura i territori e che mette la casa al centro non del mercato, ma della vita delle persone.
Non basta costruire case. Dobbiamo costruire futuro.
1. Piano Regolatore della Sostenibilità Urbana
Obbligo per i Comuni di dotarsi di un “Piano di Sostenibilità Urbana” integrato, che definisca:
- Superfici minime di verde pubblico e integrato negli edifici.
- Indici di permeabilità del suolo e bilanciamento climatico.
- Standard sociali: spazi comuni obbligatori, coworking di quartiere, housing sociale.
- Integrazione con i piani di transizione energetica e adattamento climatico.
2. Incentivi selettivi per l’impatto sociale e ambientale
Rimodulare i bonus premiando i progetti che integrano:
- Rinnovabili onsite (solare, pompe di calore, geotermia).
- Materiali bio-based e filiere locali.
- Progettazione eco-centrica: spazi condivisi, orti urbani, edilizia flessibile.
- Premialità fiscale progressiva in base all’impatto ambientale e sociale misurato (metriche ESG trasparenti).
3. PPP comunitari e finanza di prossimità
Promuovere Partenariati Pubblico-Privati dove i cittadini siano co-investitori (es. cooperative di abitanti, comunità energetiche). Favorire fondi immobiliari etici orientati all’edilizia sociale, non solo speculativa.
4. Rigenerazione obbligatoria prima dell’espansione
Bloccare nuove espansioni urbane finchè non siano stati rigenerati i volumi esistenti inutilizzati. Obbligo per i Comuni di censire e pubblicare annualmente il patrimonio edilizio vuoto o degradato.
5. Formazione edile integrata su sostenibilità e comunità
Riformare la formazione professionale in edilizia, introducendo moduli obbligatori su bioedilizia, progettazione partecipata, inclusione sociale e gestione di comunità abitative.