Case che restano. Comunità che crescono

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Un diritto, non un lusso

Una casa non è solo quattro mura: è un orizzonte in cui una persona decide di costruire il proprio futuro. È protezione, ma anche promessa: quella di poter crescere, lavorare, mettere radici.

Eppure, in Italia, l’edilizia popolare continua a essere pensata e percepita come edilizia povera: spazi ristretti, materiali minimi, quartieri isolati. Una narrazione che ha fatto danni enormi, alimentando degrado e sfiducia. Ma non è una regola naturale: non lo è mai stata. Ci sono città, in Europa e nel mondo, che dimostrano che si può fare diversamente. Dove la bellezza non è un lusso, ma un diritto; dove il “pubblico” non significa “di serie B”, ma “pensato per tutti”.

Il problema

ERP tra scarsità e massimo ribasso

Oggi l’edilizia residenziale pubblica in Italia è schiacciata tra due estremi: scarsità di fondi e logica del massimo ribasso. Si costruisce meno, si ristruttura peggio e spesso si ignora la qualità architettonica e l’impatto sulla vita quotidiana.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: case che invecchiano male già dopo pochi anni, costi di manutenzione fuori controllo, quartieri che diventano luoghi da cui si scappa.

Il problema è anche culturale: per decenni si è considerato l’abitare un costo da contenere, anziché un investimento strategico sul valore sociale della comunità — e le città ne portano ancora i segni.

La visione

Ecosistema, non solo produzione

Nel mio lavoro e nei miei scritti ho sempre sostenuto che l’impresa non è solo produzione, ma ecosistema: un equilibrio tra responsabilità, bellezza e sostenibilità.

Questo vale anche per l’edilizia pubblica. Una casa progettata per durare, luminosa, con spazi comuni vivi e accessibili, non è un semplice edificio: è un’infrastruttura sociale.

Per costruire quartieri che restano e comunità che crescono, servono tre pilastri chiari:

  • Bellezza accessibile – qualità estetica come moltiplicatore di valore e orgoglio.
  • Comunità attiva – spazi che favoriscono relazione e mutuo aiuto.
  • Sostenibilità integrata – efficienza energetica, durabilità, gestione economica.
Il modello costruttivo

Industrializzare senza standardizzare

È necessario arrivare a un sistema costruttivo capace di mantenere costi complessivi (oneri inclusi) entro 1.500 €/mq. Un obiettivo realistico per le aree edificabili o edifici fuori dai contesti storici e di pregio, dove il valore del terreno e l’intervento di rigenerazione permettono di contenere l’investimento senza rinunciare alla qualità.

Processi produttivi ottimizzati, componenti modulari e tecniche veloci, senza rinunciare alla personalizzazione in base al contesto.

Spazi flessibili, luce naturale, materiali durevoli, impianti a basso consumo: tutto per minimizzare i costi di gestione e massimizzare la qualità di vita.

Adatto a ERP, co-housing, studentati e housing sociale per lavoratori, con tempi certi, qualità alta e impatto ambientale ridotto.

I numeri chiave:

  • Costo massimo complessivo: 1.500 €/mq (oneri inclusi)
  • Tempi di costruzione: -30% rispetto ai cantieri tradizionali
  • Durabilità: ciclo di manutenzione programmata 30 anni
  • Risparmio energetico: fino al 50% rispetto alla media ERP esistente
Progettare per trasformare

Dal progetto alla vita del quartiere

“Progettare per trasformare” è un approccio operativo capace di portare questa visione nella pratica.

Non è solo edilizia: è un lavoro integrato che coinvolge urbanistica, architettura, ingegneria e sociologia.

Significa co-progettare con cittadini e amministrazioni, pensare a servizi e spazi aperti, integrare il quartiere nel tessuto esistente e programmare la manutenzione.

L’obiettivo: passare da edilizia di emergenza a edilizia di permanenza.

Benefici per gli stakeholder:

  • Enti pubblici → più alloggi di qualità a parità di budget, minori spese di manutenzione.
  • Cittadini → qualità abitativa superiore, spazi curati, costi di gestione ridotti.
  • Imprese → filiera locale integrata, nuove commesse, know-how replicabile.
La sfida culturale e industriale

Pubblico non significa “minimo”

Serve scardinare l’idea che “pubblico” equivalga a “minimo indispensabile”. La sfida è culturale: dimostrare che qualità e accessibilità possono convivere.

Ed è industriale: costruire filiere locali integrate, capaci di industrializzare su scala senza perdere qualità e identità.

Opportunità applicative:

  • Rigenerazione di quartieri ERP esistenti
  • Nuovi complessi di co-housing a canone calmierato
  • Studentati e residenze temporanee di qualità
  • Housing sociale per lavoratori e famiglie a reddito medio-basso
Guardando avanti

Immagino città dove l’edilizia popolare non sia un indirizzo che stigmatizza, ma un luogo che attrae. Dove il verde filtra la luce nelle stanze, i bambini giocano in cortile, i vicini si conoscono per nome. Dove ogni euro speso è un euro investito in comunità e futuro.

Se possiamo costruire meglio, per meno, e per tutti, allora è nostro dovere farlo.

Chi è l'autore

Lapo Secciani

Sono un imprenditore, un manager e un creativo.
Non seguo gli schemi: li rompo.
Credo nelle persone, nel loro talento e nella loro unicità.
Il mio lavoro e le mie competenze tendono a far emergere il valore delle aziende e delle persone, disegno strade inesplorate e così genero valore: per le persone, per la comunità, per l’ambiente e per le aziende.
Mi ispiro a due modelli: Sergio Marchionne e Adriano Olivetti.

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