Essere Amministratore Delegato: 5 abitudini per descriversi

E

I leader impostano il tono delle loro organizzazioni, e i migliori assumono un comportamento consapevole e deliberato sul luogo di lavoro, incarnando i valori aziendali.

questo è quello che dicono quelli bravi.

Io dico: “Cazzate!”

O meglio…

Essere un leader significa certamente impostare uno stile all’organizzazione che dirigono; i migliori però non sono quelli che “assumono un comportamento consapevole e deliberato sul luogo di lavoro” perchè questo comportamento non significa “incarnare i valori aziendali” ma vuol dire dissimulare i valori aziendali.

Essere leader significa essere coerenti con i propri valori e i valori dell’azienda.

Il comportamento viene percepito sincero solo se è spontaneo e sincero.

Occorre essere veri.

“Per essere creduti si deve essere credibili”

Io questo l’ho capito quando giocavo a calcio; indossare la fascia di capitano comporta responsabilità e oneri, prima ancora che onori.

Devi guadagnarti la fiducia dei tuoi compagni, devi essere un punto di riferimento e c’è un solo modo per farlo: con i comportamenti.

Non basta indossare una fascia al braccio sinistro per essere un capitano, non basta neanche essere l’anziano o il senatore della squadra.

Un capitano è un leader.

Ricordo una cosa…

Quando stringevo quella fascia al mio braccio sinistro sentivo la responsabilità di essere un esempio per i miei compagni, di essere degno della fiducia della società e di essere all’altezza delle aspettative del pubblico.

Era certamente pesante, ma mi dava la forza per dare sempre il massimo, senza lesinare una goccia di sudore o un minuto del mio vivere.

Un’emozione unica… che ritrovo in azienda.

Non mi sento migliore di nessuno, sento però la responsabilità di essere un punto di riferimento per tutti coloro che, insieme a me, creano valore in azienda.

Se guardo al mio fare quotidiano posso identificare 4 abitudini che mi accompagnano nel lavoro… e non solo.

  1. Usare l’empatia

Usare l’empatia significa coltivare un ambiente in cui le persone si sentano a proprio agio, in modo che siano libere di esprimere la loro unicità e far emergere il proprio talento.

Per farlo mi impegno quotidianamente a creare un’esperienza -e non solo un ambiente di lavoro- che mette al centro le esigenze delle persone.

Persone, non personale, men che meno risorse.

Voglio dimostrare con i fatti a chi lavora con me, che l’azienda si impegna a sostenerli; così e solo così saranno a loro volta pronti a investire tempo ed energie nel proprio successo e nel successo dell’azienda.

E quindi?

Ascolto

L’empatia si fonda sull’ascolto. Più ascolto, più mi è facile comprendere le esigenze e i bisogni delle persone.

Non do nulla per scontato

Faccio domande e evito le supposizioni.

Sono presente

La tecnologia aiuta, tantissimo, ma crea distanza. È molto difficile giudicare le emozioni e reagire con empatia.

Organizzo regolarmente incontri faccia a faccia; dedico solo tempo di qualità alle persone che vivono l’azienda.

  1. Non aver paura del cambiamento

Quando indossavo quella “pesante” fascia sul mio braccio sinistro sapevo che potevo sempre migliorarmi.

Giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento.

Era valido quando calcavo il manto erboso di un campo da calcio e vale ancor di più oggi che ho la responsabilità non solo sportiva, ma anche professionale di tutte quelle persone che mi hanno dato fiducia.

Occorre non fermarsi mai; adagiarsi sui risultati raggiunti è l’errore più grande che potrei mai fare, poichè sono consapevole che il mondo del lavoro è in continua evoluzione.

Consapevole di questo lavoro per migliorarmi e imparare sempre cose nuove, giorno dopo giorno, e incoraggio le persone che lavorano con me a fare lo stesso.

Mai smettere di migliorarsi e di innovare.

Prima però di chiedere io faccio. Devo essere un esempio, con i comportamenti, non con le parole.

Questo lo tengo sempre a mente.

E quindi?

Coinvolgo

Quando si tratta di migliorare processi e azioni, innovare prodotti e servizi mi confronto sempre con le persone che lavorano in azienda.

Lo faccio perché sono loro che tutti i giorni interagiscono con i clienti, svolgono le attività e usano gli strumenti. 

Chi meglio di loro sa cosa funziona e cosa no.

Lavoro per metterli nelle migliori condizioni per darmi  facilmente il loro feedback o proporre potenziali soluzioni.

Quando questi sono utili è bello ringraziare chi ti ha fornito una buona idea.

Rompo gli schemi

Io non seguo strade già battute; ne creo di nuove.

Rompo ed esco dagli schemi classici, lo faccio però assumendomi sempre rischi calcolati.

Incoraggio quotidianamente le persone con cui lavoro a fare altrettanto.

Per fare questo dialogo assiduamente con tutti per far capire quando e come possono agire di propria iniziativa.

Se si prendono rischi, se hanno il coraggio di fare la differenza è giusto perdonare eventuali errori.

  1. Offrire aiuto, condividere l’esperienza

Nessuno è eterno, neanche io… anche se mi piacerebbe.

Sono sempre stato convinto che una delle mie migliori doti sia quella di saper guardare lontano, oltre.

Voglio, con il mio lavoro e il mio fare quotidiano, essere utile a far crescere i giovani talenti; vedere crescere le persone è la cosa più bella e appagante che si possa vivere.

Faccio questo perché ho realmente a cuore il futuro e felicità delle persone che lavorano con me.

Questo per me non è un investimento di tempo e di risorse, ma il desiderio di lasciare qualche cosa di utile e di concreto ai più giovani, affinchè possano emergere e trovare la loro strada.

Il talento non si “forgia” ma si stimola, si incoraggia, si nutre… ogni persona ha unicità e talenti diversi.

Voglio dare un futuro alla realtà dove lavoro e il futuro è nei giovani, nelle loro ambizioni e nei loro sogni; noi dobbiamo permettere loro di esprimere se stessi senza paura, offrendogli i migliori strumenti.

E quindi?

Anticipo i tempi

L’obiettivo che perseguo è quello di individuare in anticipo quali competenze e conoscenze saranno necessarie per sostenere l’azienda in futuro, così, quando sarà ora di assumere potrò mirare subito la persona giusta. 

Promuovo la crescita

Aiutato sempre le persone che lavorano con me a pianificare il loro percorso, mettendoli nelle condizioni di poter crescere con opportunità di sviluppo professionale e personale.

Vedo la differenza di età come un valore 

I team formati da persone di età diverse, dove lo scambio intergenerazionale è stimolato, incoraggiano l’innovazione e preservano il know how aziendale. Quando è possibile faccio di tutti per creare queste condizioni.

  1. Accettare punti di vista diversi

Non ho mai cercato “yesman”; perchè?

Come dico ai miei amici “a dirmi che sono il più bravo nessuno è migliore di me, sono il N1”, voglio quindi accanto persone che sottolineano dove sbaglio e le cazzate che faccio.

Questo è l’unico modo per crescere e far crescere una squadra o un’azienda.

Di una cosa sono convinto: il consenso non è mai sinonimo di armonia.

Le aziende più sane sono quelle in cui le persone non temono di esprimere la propria opinione.

Punti di vista diversi sono straordinarie opportunità di miglioramento.

Nel mio fare quotidiano invito le persone a dare la propria opinione senza imbarazzo e senza ripercussioni; un confronto sincero, onesto e liberò è fondamentale per correggere quello che non va prima che la situazione peggiori.

E quindi?

Cerco sempre una seconda opinione

Ho sempre incentivato l’uso di brainsotrming con le persone con ui lavoro per rafforzare idee e iniziative grazie a visioni e prospettive diverse.

Stimolo la comunicazione

Ho sempre adottato comportamenti e modi che incentivano il confronto e il dialogo; chiunque lavori con me sa che il tempo per confrontarci lo troviamo sempre.

Non ne faccio un fatto personale

Il mio lavoro e la mia reputazione è legata a doppio filo al rendimento dell’azienda. Io non conta, conta il Noi; il tema della discussione non sono io, ma il benessere dell’azienda.

Queste sono le 4 abitudini che mi porto dietro…

Ne ho tante altre, ma in azienda le persone che lavorano con me,così come gli amici con cui condivido la mia vita, potrebbero chiamarle manie e difetti.

Sono orgoglioso del mio stile di leadership, perché è mio.

Di una cosa sono sicuro: quando mi confronto con le altre persone si percepisce la coerenza tra ciò che sono, ciò che dico e ciò che faccio.

Per essere un buon leader serve quindi una sola cosa: coerenza.

Coerenza tra ciò che si è, tra ciò che si dice e ciò che si fa.

Chi è l'autore

Lapo Secciani

Sono un imprenditore, un manager e un creativo.
Non seguo gli schemi: li rompo.
Credo nelle persone, nel loro talento e nella loro unicità.
Il mio lavoro e le mie competenze tendono a far emergere il valore delle aziende e delle persone, disegno strade inesplorate e così genero valore: per le persone, per la comunità, per l’ambiente e per le aziende.
Mi ispiro a due modelli: Sergio Marchionne e Adriano Olivetti.

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