
Il tessuto economico italiano, formato per oltre il 90% da PMI, riconosce il valore della sostenibilità nelle imprese.
Spesso però le aziende si scontrano con una realtà dove i costi di consulenza e la mancanza di competenze diventano uno scoglio insuperabile sul quale si infrangono -e muiono- le buone intenzione delle nostre piccole e medie imprese.
Nell’indagine svolta da Eumetra e che ha riguardato circa 800 imprese, prevalentemente dei settori dell’industria, dell’edilizia, del commercio e della ristorazione emerge che i vantaggi attesi dalle imprese che investono in sostenibilità sono prima di carattere economico (55%) e poi di immagine e reputazionale (45%).
l’Osservatorio Clean Technology ci dice che il 55% delle imprese investirà, nel prossimo futuro, di più in sostenibilità.
Tutto ciò nonostante l’83% delle imprese intervistate dichiara di non avere ancora un piano industriale di transizione alla sostenibilità.
Il restante 17% è però così suddiviso:
- il 2% ha un piano implementato solo sul breve termine (un anno),
- il 7% ha un piano che guarda al medio termine (2-3 anni),
- l’8% invece ha redatto un piano di transizione alla sostenibilità a lungo termine (cinque anni).
Emerge inoltre che il 45% delle imprese coinvolte ha sostenuto investimenti in questo ambito:
- il 38% per interventi in efficienza energetica,
- il 20% per la parziale o totale riconversione industriale con adozione di soluzioni sostenibili,
- il 18% per installazioni di tecnologie “verdi”,
- il 9% in processi di economia circolare.
Rimane un 55% delle imprese che non ha fatto alcun tipo di investimenti in materia di sostenibilità.
L’indagine evidenzia che i principali ostacoli sono:
- la mancanza di competenze (38%),
- i costi elevati delle materie prime (31%),
- la mancanza di incentivi (30%),
- l’eccessiva burocrazia (24%).
Il 63% delle imprese che hanno dichiarato di non effettuare investimenti ha individuato come causa principale i costi iniziali eccessivi per l’avvio di azioni di intervento, l’assenza di una vera normativa di riferimento e la mancanza di una tecnologia adeguata.
In riferimento al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, quasi l’80% delle aziende coinvolte è convinta che sia “molto difficile” che i fondi del PNRR vengano assegnati e spesi, mentre il 41% evidenzia che non sarà affatto semplice accedervi.
Soltanto il 16% delle imprese è convinta che il PNRR rappresenti “un’occasione dalle grandi potenzialità”, senza rimarcare eventuali altri limiti.
Nonostante le criticità emerse, come l’enorme diffidenza verso una burocrazia insostenibile, l’assenza di competenze e incentivi, le aziende italiane dimostrano comunque un atteggiamento positivo sia verso scelte sostenibili, che nei confronti di un modello di governance improntato allo sviluppo sostenibile.
Sette imprese su dieci pensano che sia necessario sviluppare piani di sostenibilità al loro interno.
Le aziende più propense a effettuare investimenti in sostenibilità sono quelle che operano nei settori dell’energia, del tessile, dell’agricoltura.
Le principali aree di intervento riguardano:
- una miglioramento dell’efficienza energetica (44%),
- investimenti in tecnologie “verdi” e pulite (23%)
- percorsi di formazione (10%).
Tra le imprese interviste, che già adottano soluzioni e modelli di governance improntati alla sostenibilità, due su tre dichiarano che la quota di investimenti complessivi nel futuro è destinato ad aumentare; una scelta sostenuta anche dall’attesa crescita commerciale.
Il 42% delle aziende coinvolte nell’indagine, infatti, è convinta che i propri clienti sono più propensi ad acquistare i prodotti di aziende che dimostrano un impegno concreto e reale nella sostenibilità.